Un menu per i cinque sensi - Marinella Correggia (autrice di libri sul vegetarismo), propone una riflessione su questo tema.
Mangiare gli animali. E se dovessimo fare da noi?
Plutarco (Cheronea, 46 127 ) scrive nel De esu carnium
Tu chiedi in base a quale ragionamento Pitagora si sia astenuto dal mangiare carne: io invece domando, pieno di meraviglia, con quale disposizione, animo o pensiero il primo uomo abbia toccato con la bocca il sangue e sfiorato con le labbra la carne di un animale ucciso, imbandendo le tavole con cadaveri e simulacri senza vita; e abbia altresì chiamato cibi prelibati quelle membra che solo poco prima muggivano, gridavano e si muovevano e vedevano. Come poté la vista sopportare luccisione di esseri che venivano sgozzati, scorticati e fatti a pezzi, come lolfatto resse il fetore? Come una tale contaminazione non ripugnò al gusto, nel toccare le piaghe di altri esseri viventi e nel bere gli umori e il sangue di ferite letali?
Così, nel I secolo d.C. lo scrittore filosofo di Cheronea, Plutarco (v. Del mangiar carne, Adelphi) descriveva i cibi carnei come un orrore per i sensi, vista, olfatto, gusto, contatto
e quanto alludito, aggiungeva un verso di Omero (Odissea): "Le pelli strisciavano, le carni agli spiedi muggivano cotte e crude, e c'era come un suono di vacche".
Marinella aggiunge al testo anche : Quanto al tatto, come non disgusta il maneggiare anche solo pezzi di carne, con le mani, o toccare quella consistenza di cadavere anche solo con un coltello?
Il testo di Plutarco è stato ripreso dal cantante vegetariano Franco Battiato nel suo brano Sarcofagia
(guarda il video),
Questo è il testo :
Fu nefasta e temibile letà del tempo
di profonda e irrimediabile povertà
quando ancora non si distingueva laurora dal tramonto
quando laria della prima origine, mischiata a torbida
e instabile umidità, al fuoco ed alla furia dei venti,
celava il cielo e gli astri.
Come può la vista sopportare luccisione di esseri
che vengono sgozzati e fatti a pezzi
Non ripugna il gusto berne gli umori e il sangue
le carni agli spiedi crude.
E cera come un suono di vacche.
Non è mostruoso desiderare di cibarsi
di un essere che ancora emette suoni?
Sopravvivono i riti di sarcofagia e cannibalismo.
A proposito dunque dei cinque sensi, Marinella Correggia scrive :
Un menù per i cinque sensi.
Ci sono molte ragioni etiche, sociali e ambientali dalla parte di chi non mangia prodotti della filiera zootecnica. Soffermiamoci sul livello più basic: i cinque sensi! A ben vedere, annusare, gustare, udire e toccare, forse, il non mangiar carni (e pesci) rivolgendosi agli alimenti vegetali diretti (e non passati prima nel corpo degli animali da affettare) appare una piacevole necessità e non un doveroso sacrificio eticoambientale, una piacevole necessità. Francamente, il ritornello che ancora ci si sente rivolgere e cioè: Non mangi la ciccia? Non sai cosa ti perdi
fa un po sorridere. Pare anzi strano che qualcuno possa amare il gusto pungente-allappato-fibroso-viscidoso di carni e pesci (di fatto a chi smette di mangiarne, ben presto il disgusto si sviluppa spontaneamente perfino a trovare per errore un piccolo pezzo. E si capisce che il gusto della carne e del pesce è reso tollerabile solo dallabbondanza di spezie e condimenti. Il latte e le uova invece difficilmente arrivano a ispirare disgusto palatale anche in chi se ne astiene perché fanno parte dello stesso circuito zootecnico).
Ma ammettiamo che de gustibus non est dispuntandum , tanto per rimanere sullantico, e che a qualche palato la carne e il pesce piacciano. Rimangono gli altri quattro sensi. Che certo si ribellerebbero a questo tipo di menù se tutta la filiera produttiva, dallanimale vivo al piatto, dovesse essere autogestita dal consumatore finale. Invece cè la delega dellorrore a qualcun altro, i professionisti della zootecnia. In particolare i macelli, lontani dagli sguardi (e dagli altri sensi), e non cambiati moltissimo da quando Upton Sinclair in The Jungle descrisse quelli di Chicago, un inferno per gli animali eseguiti e per i lavoratori.
Se dovessimo fare da noi
ecco qua.
Esempio 1. Mi mangio un medaglione di pollo
Tatto. Agguanta, tiragli il collo, sporcati le mani del suo sangue viscido, spiumalo, aprilo, togligli le viscere, tocca gli escrementi lì imprigionati, lava via il tutto, taglia le fibre fibrose-cadaveriche. Prova a togliere il viscidume dei grassi animali dai piatti e dalle pentole: è molto più difficile dei grassi vegetali naturali (oli).
Vista. Guardalo dibattersi, guarda i suoi piccoli occhi che si chiudono alla fine, il sangue, le sue viscere e gli escrementi che contengono.
Udito. Ascoltalo urlare mentre si dibatte. E poi il suono gorgogliante delle viscere che estrarrai.
Odorato. Senti il cattivo odore che emana dal piumaggio e quello degli escrementi nelle viscere.
Esempio 2. Mi mangio una bella carpa in umido
Tatto. Afferra il pesce venuto su dallacqua, sventragli la bocca tirando via lamo uncino, tieni stretto lanimale perché mentre asfissia cerca in tutti i modi di salvarsi, ne sentirai i muscoli sotto le squame viscide, non fartelo sfuggire, afferra un coltello e tagliagli la testa, forse si dibatterà ancora un po, oppure lascialo asfissiare a lungo in un cestino. Poi, a casa dovrai toccarlo per sventralo, viscido dentro come fuori. Le squame ti voleranno qui e là. Dovrai togliere le lische. Una volta mangiato, ti toccherà togliere unto e odore dai piatti e dal pentolame. Auguri.
Vista. Guardalo mentre si dibatte, gli occhi sbarrati, la bocca devastata e spalancata, poi guardalo mentre smette poco alla volta di guizzare, i polmoni bruciati dallaria. Guarda le interiora, il pesce alla rovescia
Udito. Eh, ti va bene. I pesci sono muti alle nostre orecchie. Altrimenti nessuno salirebbe su un peschereccio, né andrebbe in pescheria dove molte creature del mare muoiono poco a poco, urlando in silenzio.
Odorato. Ogni commento è superfluo. Basta entrare in una pescheria. Supponiamo che per eseguire le operazioni di pulizia a casa occorra una pinza per naso ancora più efficace.